Una mattinata dedicata alla prima ricorrenza della Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza sugli operatori sanitari
12 marzo- Giornata contro violenza operatori sanitari: SCEGLIAMO LA GENTILEZZA PER UN OSPEDALE SENZA VIOLENZA. I casi di aggressione nel nostro Paese, accertati dall'Inail dal 2015 al 2019, sono stati 11.000, una media di oltre 2 mila casi all'anno. Il 9% del totale degli infortuni nel settore sanità e sociale, sempre in questi 5 anni, sono casi di aggressione. Nove episodi di violenza su dieci provengono da pazienti, familiari o altre persone esterne ai servizi di assistenza. Le donne sono il soggetto più colpito, oltre il 73%. Un'indagine di Tor Vergata svolta nel 2019, afferma che la violenza fisica si manifesta, nel 58%, sotto forma di: sputi (43,1%), lancio di oggetti (43,1%), graffi, schiaffi e pugni il 39%. Tutto questo crea nell'operatore ripercussioni psicologiche drammatiche, infatti, il 58,8% prova rabbia, il 42,3% prova ansia, disgusto e il 28% ha paura. In Lombardia il 64% del personale tecnico e sanitario che opera sui mezzi di soccorso è stato vittima di violenza. Come tutelare chi ha fatto della cura degli altri il proprio lavoro? Regione Lombardia si è impegnata molto a parole con i professionisti della sanità, specialmente quando è stato il momento di chiedere sacrifici e sangue perché la pandemia colpiva più duramente, ora è il momento di dare seguito alle chiacchiere mettendosi davvero al lavoro per garantire a chi sta in corsia, nelle nostre Rsa e nelle nostre case, contratti di lavoro dignitosi e sicurezza sul lavoro. Ancora oggi, infatti, si contano troppe rivendicazioni non soddisfatte e troppe aggressioni di cui sono vittime soprattutto le donne. Allora se si parla tanto di parità di diritti, iniziamo a offrire alle donne la parità di sicurezza sul lavoro. Altrimenti continuiamo a scrivere leggi vergate con parole bellissime, ma a non applicarle mai. Grazie ad OPI per aver realizzato il video.
https://www.facebook.com/Mammi.Gregorio/videos/273305221651620
Quella di Regione Lombardia sembra più un'operazione immobiliare che una pianificazione per la sanità territoriale che operi secondo le esigenze dei cittadini. La Moratti per inaugurare una casa della comunità in più, ha deciso di chiudere una realtà come quella di Via Monreale (consultorio integrato). Questa non può essere una riforma della medicina territoriale. Nella prima parte del mio intervento ho voluto evidenziare il fatto che come Consiglio Regionale (organo di indirizzo politico per la Giunta) non abbiamo ricevuto istanze puntuali dai rappresentanti sindacali dei medici, fatta esclusione per la Dott.essa Palazzi delle Coccarde Gialle. Ho presentato una mozione a nome del M5S che racchiudeva la richiesta dei medici di sollevare la professione dal peso burocratico. Purtroppo è stata bocciata dalla maggioranza di cdx in Consiglio Regionale. Per quanto riguarda la Dott.ssa Zocchi, Vice presidente Snami Milano, ha ammesso candidamente che non è un suo compito dialogare con la politica e che siamo su due piani diversi "La politica faccia la politica, noi facciamo trattative". In soldoni ha sottolineato che il suo sindacato non è tenuto a portare istanze ai consiglieri del territorio e si limitano a sedere ai tavoli aziendali con ATS. Inutile ribadire che trovo questo un atteggiamento miope e problematico allo stesso tempo. Non ha senso ignorare l'organo di indirizzo politico. Noi continueremo ad essere il megafono della voce dei cittadini e dei professionisti nel Consiglio regionale della Lombardia
Letizia Moratti conferma l'impegno a sostegno della sanità privata, in un quadro di opportunità per la sanità di prossimità rappresentate dalla legge regionale sulla sanità territoriale e dalle nuove prospettive della telemedicina. L'occasione per ribadire il ruolo dell'iniziativa privata all'interno del quadro sanitario regionale è stata la visita alla Casa di Cura Villa Gemma di Gardone Riviera, in provincia di Brescia. L'assessora ha ricordato che, ora che l'emergenza è rientrata, è tempo di mettere definitivamente a terra la rete di nuove strutture (Case della Comunità, Centrali operative territoriali e Ospedali territoriali) previste dalla riforma sanitaria territoriale. «1140% sarà realizzato entro quest'anno - ha detto Moratti, un altro 30% entro l'anno prossimo ed il residuale 30% entro il 2024. Le risorse, circa 800 milioni di euro, ci sono, e a queste possono aggiungersi altri finanziamenti previsti dal Pnrr. Il piano è già operativo: ho già personalmente inaugurato 8 Case della Comunità». Venendo invece al nodi aperti nel settore, come per esempio la carenza del personale, Moratti ha sottolineato che Regione Lombardia mantiene un dialogo costante con tutte le istituzioni preposte per lavorare su equipollenza e flessibilità. Meno critica, invece, la situazione per quanto riguarda gli infermieri. «Il piano nazionale di reclutamento - ha detto la vicepresidente della Regione - dovrebbe colmare il piccolo gap che conserva il nostro territorio». (Da un art. di Matteo Meneghello su Il Sole 24 ORE)
La Lega, con una mozione a proposito dell'“Applicazione dei nuovi libelli essenziali di assistenza (LEA) – aggiornamento del nomenclatore protesico (DPCM 12 gennaio 2017)”, ha chiesto all’assessore Moratti di: “farsi portavoce presso tutte le sedi competenti affinché si provveda a dare attuazione completa al dpcm del 12 gennaio 2017 che prevede l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza”. Questo però è un compito che l’Assessore dovrebbe già svolgere in autonomia, proprio in quanto Assessore. Evidentemente però la Lega non è soddisfatta del lavoro dell’Assessore Moratti e ha sentito il bisogno di spronarla attraverso un atto di indirizzo e controllo, una evidente forzatura, perché è come se il Consiglio regionale dovesse votare una mozione per chiedere all'assessore al Bilancio di fare il bilancio. Ho preso l’impegno di chiedere all’Assessore e Vicepresidente Moratti un resoconto del suo lavoro a favore dell’attuazione del Dpcm del 12 gennaio 2017, ma intanto devo rilevare che mentre i leghisti sollecitano l’impegno dell’Assessore, hanno respinto la mia proposta di mettersi al lavoro in prima persona. Ho infatti chiesto alla Lega di aggiungere alla mozione l’impegno a discutere quanto di competenza di Regione Lombardia, cioè gli extra LEA. I leghisti però pare che quando si parla dei compiti altrui siano molto attenti, sembrano invece esserlo meno quando sono loro a dover svolgere i compiti che gli sono stati affidati dai cittadini. L’ennesima occasione persa dal centrodestra lombardo»
Sono amareggiato dalla miopia del centro destra lombardo che, durante la seduta consiliare di ieri ha bocciato la mia mozione contenente le indicazioni puntuali su come rendere efficiente il sistema della medicina del territorio. I medici di medicina generale chiedono meno burocrazia e maggior tempo e libertà per curare i pazienti. Abbiamo atteso un mese, poiché la maggioranza aveva chiesto di ritirare la mozione per poterne discuterne insieme, ma in un mese gli unici ad attivarsi sono stati i gruppi di minoranza. Pur vero che, in aula, la Lega ha comunque dichiarato di voler discutere ancora della mozione, ma sembra più un modo per rimandare il problema a data da destinarsi. Questo non è il tempo dei faremo, ma è piuttosto il tempo di fare. Quello che abbiamo presentato oggi non era un atto di mero indirizzo politico, ma un programma concreto di semplificazione, redatto seguendo le richieste di quei medici che fino poco tempo fa definivamo eroi. Per rendere la mozione ancor più condivisibile dalla maggioranza, siamo arrivati perfino ad auto-emendare il documento, chiedendo di votare un semplice invito e non un impegno formale ad adempiere alle richieste dei medici. Per me e tutto il M5S era troppo importante cominciare a lavorare per i medici di base. Invece la maggioranza ha preferito affossare la mozione tirando uno schiaffo ai professionisti della sanità a cui hanno chiesto, e continuano a chiedere, enormi sacrifici. Viene il sospetto che il vero intento della maggioranza sia favorire quelle aziende private, che hanno iniziato a fornire servizi di guardia medica per sostituirsi ai servizi pubblici. Noi abbiamo preso una chiara posizione politica, ribadendo che il diritto alla salute è garantito dalla nostra Costituzione. Peccato che sembri non essere così anche per il centro destra.
"Le 'Coccarde gialle' hanno riportato una serie di testimonianze su cosa sia diventato il lavoro del Medico di Medicina Generale negli ultimi anni e su quali criticità chiedono un intervento delle istituzioni.
I problemi si concentrano nelle difficoltà riscontrate dai professionisti della sanità a svolgere decine di pratiche burocratiche digitali, su portali spesso malfunzionanti, lasciando di conseguenza pochissimo tempo per il vero e proprio lavoro di clinico.
Il presidente della Commissione Sanità, Emanuele Monti, ha dichiarato di aver indicato ai medici i luoghi adatti per presentare le loro richieste.
Questa del centrodestra è una presa in giro: le 'Coccarde gialle' sono venuti in audizione in Commissione, ora spetta all’Amministrazione regionale tradurre in buone pratiche le richieste della categoria. Altrimenti non si spiega quale sarebbe il ruolo della politica.
Poche settimane fa la Lega ha chiesto al M5S di ritirare la mozione nata dalla lettera aperta in cui erano elencate le richieste delle 'Coccarde gialle'.
Motivo? La scusa ufficiale è stata quella di voler lavorare a un testo condiviso. La verità è che manca la volontà politica di dare seguito a queste richieste. C’è quindi un tentativo di annegarle nei meandri della burocrazia regionale.
Per attuarle basterebbero pochi giorni, ma vorrebbe dire mettere seriamente mano alla sanità territoriale. Evidentemente la Lega preferisce continuare a prendere in giro gli stessi professionisti e i cittadini.
L’operazione della Maggioranza è pienamente riuscita: evitare di occuparsi dei problemi. Purtroppo, però, ancora una volta, il paziente è morto".
Per quanto certa politica cerchi di demolirle,
le misure di Welfare volute dal MoVimento 5 Stelle (Rdc e Pdc) stanno aiutando milioni di famiglie in difficoltà in tutto il Paese.
Denigrare una misura che finora ha aiutato milioni di cittadini in difficoltà non è soltanto miope ma qui in Lombardia significa irridere 92.256 nuclei familiari, corrispondenti a 201.535 persone che nel solo 2021 hanno percepito almeno una mensilità di Rdc con un importo medio pari a 505,98 euro.
E non finisce qui. Chi sproloquiare contro il Reddito Di Cittadinanza solo per colpire il M5S, significa continuare ad ignorare 14.940 nuclei familiari percettori della pensione di cittadinanza, ovvero 16.427 pensionati in molti casi rimasti soli che hanno percepito un importo medio mensile pari a 267,02 euro.
Le famiglie in tutta la Lombardia, aiutate dalle misure a firma 5S nel solo dicembre 2021 sono nel totale 107.196, ossia 217.962 persone con un importo medio mensile, tra Rdc e Pdc, pari a 472,67 euro.
Sono numeri importanti e che dimostrano come, anche in una Regione ricca come la Lombardia, è importante tenere alta l'attenzione e aiutare chi è purtroppo in difficoltà.
Lavori sempre più precari, delocalizzazione e crisi economica stanno minando la tenuta del nostro Paese. Il Rdc sta consentendo di reggere in parte questa onda d'urto e continua a porre la persona al centro delle politiche di uno Stato.
In Lombardia, nel solo 2021 i nuclei richiedenti il Rdc o la Pdc sono stati 120.880. Più precisamente 9.653 a Bergamo, 13.580 a Brescia, 4.669a Como, 3.645 a Cremona, 2.110 a Lecco, 2.605 a Lodi, 4.553 a Mantova, 53.396 a Milano, 8.551 in Monza e Brianza, 7.765 a Pavia, 1.111 a Sondrio e 9.186 a Varese.
Alla luce di questi dati, ricordate bene i nomi di chi voleva abolire il RDC o chi lo definiva metadone di Stato.
Fare buon viso e minimizzare. Anche rasentando il ridicolo. È l’ordine di scuderia di Attilio Fontana e Letizia Moratti, sui rilievi e le richieste di cambiamenti, mossi dai Ministero della Salute, delle Finanze e della Giustizia alla riforma sanitaria lombarda. Tre lettere che chiedono rettifiche e sottolineano incongruenze nel testo della legge destinata a gestire gli oltre 20 miliardi l’anno della sanità lombarda. Tutti cambiamenti accettati da Fontana per evitare di ritrovarsi con una riforma impugnata dal governo. Le missive erano state recapitate ai vertici del Pirellone il 1° febbraio e sono rimaste segrete fino a ieri. Come segretata era anche la risposta di Fontana al governo. Solo ieri quelle comunicazioni sono state rese pubbliche e in molti hanno capito perché Fontana e Moratti avevano fatto voto del silenzio. Al netto di marchiani errori lessicali (nell’ordinamento non esistono “professioni mediche e professioni sanitarie”, ma solo “sanitarie”) e di sfondoni tecnici (non esiste l’“ostetrica di famiglia”), il ministero della Sanità ha puntato il dito su alcuni passaggi centrali della riforma. A partire dal fatto che non posso essere le singole Ats a sottoscrivere gli accreditamenti con le strutture private, ma deve essere la Regione a livello centrale. Perché ciò rende più facili gli abusi e meno stringenti i controlli. Così come bocciato è stato il sistema di scelta dei dg della sanità, che deve seguire la legge e non un “rito lombardo”. Pollice verso anche per le Case di comunità, nelle quali per il Pirellone avrebbero potuto operare solo medici di famiglia o pediatri, mentre devono essere aperte a tutte le specialità assistenziali. Bocciate anche le farmacie che dovrebbero prendersi in carico i cronici. Ma lo schiaffo più forte è arrivato dal Mef, il quale ha stigmatizzato la parificazione totale tra pubblico e privato (fulcro della riforma). Scrive il Mef: “Chiediamo chiarimenti circa la coerenza di tale articolo con quanto previsto dal dl 302 del 1992, secondo il quale, con riferimento al preminente ruolo dell’ente pubblico che, in quanto titolare della funzione sanitaria, definisce il fabbisogno e, in coerenza con questo, decide quali prestazioni acquistare dal privato accreditato”. Ora la legge dovrà tornare in aula per i correttivi. Ma Moratti si è detta tranquilla: “L’esame al microscopio ha consentito di evidenziare alcune imperfezioni formali e burocratiche, profili non certamente centrali e decisivi”. Il Fatto Quotidiano
Con l’estensione anche agli infermieri libero-professionisti del protocollo “Adotta una scuola”, ora riservato ai pediatri, le scuole avranno la possibilità di essere supportate proprio dagli infermieri, nella somministrazione dei tamponi agli studenti. Si tratta di un risultato molto importante, che permetterà anche alle famiglie, costrette a districarsi in un sempre più intricato labirinto fra tamponi t0 e tamponi t5, di avvalersi di un supporto professionale qualificato, direttamente all’interno dell’istituto scolastico.
Estendendo questo protocollo sarà possibile garantire maggior sicurezza allo svolgimento dell’attività didattica, scongiurando, per quanto possibile, quarantene e didattica a distanza. Non solo, il Consiglio Regionale ha approvato anche la nostra richiesta affinché la DAD venga attivata non più in base al numero di casi, ma in relazione alla percentuale degli stessi sul gruppo classe. Come Movimento Cinque Stelle abbiamo scelto di concentrare la nostra azione sulla stretta operatività, piuttosto che su temi, come la gestione delle quarantene, che sono strettamente di competenza statale. Registriamo nel merito anche una certa confusione da parte del Consiglio Regionale, che questa mattina ha approvato all’unanimità la mozione di +Europa che chiedeva di: “Mettere in campo ogni iniziativa, per le proprie competenze e di concerto con il governo, affinché vengano abolite tutte le quarantene per i minori”; mentre nel pomeriggio ha approvato la mozione con cui Forza Italia ha chiesto di: “Assimilare le quarantene dei bambini e ragazzi vaccinati a quelle in essere per gli adulti in assenza di sintomi”. In entrambi i casi il Movimento Cinque Stelle ha scelto di non partecipare al voto, anticipando nel merito una richiesta di chiarimento riguardo alle intenzioni della Giunta» GUARDA IL MIO INTERVENTO IN AULA
Ecco i risultati principali del report elaborato dal Comitato paritetico di controllo e valutazione del Pirellone sull'attuazione della legge regionale per i servizi abitativi
La distanza tra l'offerta e la domanda aumenta a vantaggio dell'ultima. Cresce il numero di famiglie in affitto (+23,4%), diminuisce il numero di alloggi destinati ai servizi abitativi pubblici e aumenta la morosità. Sono questi i risultati principali del report elaborato dal Comitato paritetico di controllo e valutazione del Pirellone sull'attuazione della legge regionale per i servizi abitativi. Nel report sono segnalate criticità già emerse nel corso degli ultimi anni.
Viene sottolineata la scarsità di alloggi pubblici offerti: nel secondo semestre 2020 solo 8 ambiti hanno pubblicato avvisi (per un totale di 706 alloggi, di cui l'80% a Milano); nel 2019 erano 1.896. Questo numero di alloggi soddisfa potenzialmente "circa il 6% delle domande",
Milano ad esempio nel 2020 ha reso disponibili 560 alloggi e ne ha assegnati 367 (il 65%), ma le domande in graduatoria erano 22.345: circa 5.000 in più rispetto al 2019.
In particolare, le domande di assegnazione da parte di nuclei indigenti sono passate da circa 6.000 a 9.400 (dal 36 al 42%). Con il covid-19 e l'aumento della povertà assoluta, il Comitato paritetico segnala anche un aumento della morosità nei bilanci Aler, in particolare a Pavia (+40%) e Milano (+27%).
Nella parte finale del report il Comitato evidenzia anche difficoltà nella capacità di spendere al 100% le risorse disponibili. Nel documento viene citato ad esempio l'intervento denominato 'Misura Unica', che assegna contributi fino a un importo massimo di 1.500 euro ai nuclei familiari che a causa della pandemia hanno subito un calo di reddito.
Il Comitato rivela che gli investimenti stanziati sono stati utilizzati "per il 76%", un segnale della diversa capacità di spesa degli enti.
"Esiste dunque un tema amministrativo più ampio da affrontare, perché le risorse ci sono ma non si riesce a usarle", commenta il consigliere pentastellato Gregorio Mammì, che chiede di avviare un lavoro di revisione "per migliorare la macchina burocratica e tutelare al meglio chi sta in fondo alla scala sociale".
“Dalle nostre indagini – diceva Borsellino – sono emersi dei rapporti tra i politici e i mafiosi. Situazioni di vicinanza o comunanza di interessi che, però, non rendevano automaticamente il politico responsabile del diritto di associazione mafiosa. Non basta fare la stessa strada per essere una staffetta. Oltre ai giudizi dei giudici, ci sono i giudizi politici. Ci sono delle regole deontologiche. Non bisogna solo essere onesti, ma apparire onesti. E c’è un equivoco di fondo: si dice che quel politico era vicino alla mafia, che quel politico era stato accusato di avere interessi convergenti con la mafia, però la magistratura, non potendone accertare le prove, non l’ha condannato, ergo quell’uomo è onesto… e no! […] Questo discorso non va, perché la magistratura può fare solo un accertamento giudiziale. Può dire, be’ ci sono sospetti, sospetti anche gravi, ma io non ho le prove e la certezza giuridica per dire che quest’uomo è un mafioso. Però i consigli comunali, regionali e provinciali avrebbero dovuto trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze sospette tra politici e mafiosi, considerando il politico tal dei tali inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Ci si è nascosti dietro lo schema della sentenza, cioè quest’uomo non è mai stato condannato, quindi non è un mafioso, quindi è un uomo onesto!”. Sono osservazioni e riflessione atemporali, Borsellino potrebbe ripeterle oggi. Se non l’avessero ammazzato. Era il 26 gennaio 1989.
Mi raccomando ... oggi a Roma meglio non combinare altri Casini... GUARDA IL VIDEO
Sono sicuro che se i partiti accettassero un confronto a viso aperto con Giuseppe Conte, uscirebbero dalla stanza con un nome degno per il nostro Paese.
Nell'estate 2020 Conte fece cadere il veto dei Paesi Frugali ed ottenne in Europa oltre 200 miliardi per gli italiani.
Vuoi che non riesca a convincere i partiti italiani?
Qualcosa mi dice che proprio per questo, non accetteranno di chiudersi con lui in una stanza.
Vogliamo mettere fine a questa pantomima? La Casellati sarebbe l'asso nella manica di Salvini?
"Quando Berlusconi ha incontrato Mubarak prima di questo episodio (quello della famosa telefonata alla questura di Milano per chiedere il rilascio di Ruby, ndr) pare che sia venuto fuori da alcune testimonianze che proprio nell'incontro Mubarak aveva parlato di questa sua nipote, ed era un incontro ufficiale".
Elisabetta Casellati. GUARDA IL VIDEO
"Senatrice, come deve essere il prossimo presidente della Repubblica?"
Antifascista
"Quando Mattarella fu eletto alla più alta carica dello Stato, la prima cosa che fece fu recarsi alle Fosse Ardeatine a rendere omaggio alle vittime della barbarie nazifascista.
Mi auguro che il prossimo capo dello Stato saprà dimostrare la stessa attenzione di Mattarella nel fare della memoria e dei valori antifascisti qualcosa che non ammuffisce nella ritualità delle varie celebrazioni ufficiali."
Liliana Segre
Con 30 voti favorevoli e 26 contrari il M5S manda sotto la maggioranza. Il Consiglio Regionale ha approvato, con parere contrario della Giunta regionale, la mia mozione.
Ho chiesto al governo regionale di attivarsi al fine di aprire anche alle parafarmacie e agli infermieri libero professionisti, che già privatamente fanno tamponi senza poterli registrare, l’accesso al sistema regionale di gestione dei tamponi.
Ritengo si tratti di soluzione semplice e immediatamente realizzabile, dal momento che all’interno delle parafarmacie lavora personale con il medesimo percorso di studi e la medesima preparazione, di quello che lavora all’interno delle farmacie.
La Giunta ha tentato di difendere una visione politica miope che piega le Istituzioni ad interessi che non sono quelli dei cittadini, ma di una precisa categoria. Ringrazio i colleghi Consiglieri per aver votato nell’interesse dei cittadini, arrivando a sconfessare la loro stessa maggioranza.
La Sanità italiana è in una situazione di sofferenza. Sul fronte tamponi si è arrivati a picchi di 250mila test giornalieri. In Lombardia ho presentato una mozione affinché venga data la possibilità anche alle parafarmacie e agli infermieri di libera professione di fare i tamponi antigenici e di avere l’autorizzazione ad accedere al sistema regionale di registrazione dei tamponi.
Abbiamo vissuto tutti le lunghissime code formate da chi cercava di sottoporsi a un tampone, così come abbiamo constatato ancora una volta che i cittadini lombardi sono costretti a pagare la sanità privata per ottenere servizi sanitari rapidi, eppure già nel 2020 avevamo avvertito Regione delle carenze dell’organizzazione della rete per gestire i tamponi, mancanze che hanno mostrato di nuovo i loro limiti in questo periodo e a cui però si potrebbe rimediare almeno in parte: il sistema regionale al momento è chiuso per le parafarmacie, che in Lombardia sono quasi 500, e agli infermieri liberi professionisti, che solo su Milano Lodi e Monza sono 1800.
In questo modo avremmo immediatamente centinaia di professionisti sanitari disponibili per allentare la pressione sulle farmacie o gli hub ospedalieri, personale a cui si potrebbe poi anche permettere di somministrare vaccinazioni e stampare green pass sempre con la stessa ottica di ampliare la rete di controllo della pandemia.
500 parafarmacie e 1800 infermieri di libera professione disponibili ad essere arruolati
Secondo i dati resi noti dalle associazioni di categoria UNAFTISP (Unione Nazionale Farmacisti Titolari di sola Parafarmacia sezione Lombardia) FNPI (Federazione Nazionale Parafarmacie italiane), MNLF (Movimento Nazionale Liberi Farmacisti) CULPI (Confederazione Nazionale Libere Parafarmacie Italiane) e FEDERARDIS (Federazione Farmacisti e Disabilità) in Lombardia ci sono 500 parafarmacie con una distribuzione capillare sul territorio lombardo, molte delle quali già legate al Sistema Sanitario Nazionale tramite una convenzione per la distribuzione di alimenti per celiaci, con la disponibilità data già in passato a contribuire alla gestione dell’emergenza. Discorso analogo, come ribadito da Mammì, tra gli infermieri di libera professione che l’Ordine Professionale di Milano, Lodi e Monza Brianza stima in circa 1800 unità, al momento non autorizzate ad accedere al sistema regionale di registrazione dei tamponi.
Sarà Dario Violi il delegato dell'opposizione in Lombardia a Roma.
Con un colpo di scena, come può riferire affaritaliani.it, il leader storico del MoVimento 5 Stelle lombardo è riuscito ad ottenere i voti della maggioranza e sarà quindi il terzo rappresentante che sceglierà il prossimo inquilino del Colle, insieme al presidente della giunta regionale Attilio Fontana e al presidente del consiglio regionale Alessandro Fermi.
Il caso farà discutere moltissimo, anche in vista delle prossime regionali. Il Pd aveva infatti schierato Fabio Pizzul, capogruppo, che però è stato votato solo dai 17 della minoranza, con il Pd compatto, il voto di Azione e tre della Lega.
Viceversa Violi è stato votato da tutti gli altri.
Il malumore dei Dem è alle stelle mentre il Movimento 5 Stelle lombardo ha dato grande prova di sapersi muovere nei meandri delle dinamiche consigliari.
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